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Parlare di "Paesaggio pensato" è come raccontare un cammino interiore, un attraversamento lento della memoria e del tempo. L’opera nasce da un bisogno intimo di dare forma visiva a un paesaggio che non esiste fuori di me, ma che vive nella mia interiorità, stratificato come roccia, come terra erosa, come frammento sospeso.
I primi studi, in acquarello, sono stati il mio tentativo di afferrare quell’intuizione sottile. Nel primo, intitolato "Paesaggio perduto", il colore e la forma si muovono in uno spazio ancora incerto, in bilico tra evocazione e disgregazione. Il secondo studio, "Paesaggio pensato", è più definito, attraversato da una griglia geometrica che richiama il bisogno di ordine dentro al caos organico delle forme. In entrambi, la pittura è un gesto archeologico: scavo dentro immagini sedimentate, alla ricerca di un senso.
Nell’opera finita, la pittura si fonde con la struttura. I segmenti in legno verde sono parte integrante del linguaggio: non semplice supporto, ma corpo vivo dell’opera. Tagliano e sostengono il paesaggio come nervature, come architettura invisibile del pensiero. Li ho voluti emergenti, fisicamente presenti, perché sono il segno della costruzione mentale, dell’idea che si fa forma.
La pittura si sviluppa in strati, in gesti sovrapposti che suggeriscono frane, fenditure, rilievi, luci che si insinuano tra ombre dense. Uso i colori come materia geologica: ocra, terra, rosa pallido, neri profondi. E poi gialli intensi, a volte quasi violenti, come lampi di memoria o intuizione.
"Paesaggio pensato" è un luogo da attraversare con lo sguardo ma anche con il corpo, grazie alla tridimensionalità che emerge nel suo spessore. È un invito a sostare, a perdersi, a ritrovare nel paesaggio dell’opera un’eco del proprio.

Aggiunto il 7 apr 2025

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