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Ho camminato lungo le scogliere di Capo Verde come si sfoglia un libro di memorie geologiche. Le stratificazioni, i colori mutevoli delle rocce, i contrasti netti tra i toni bruciati e quelli silicei, hanno risvegliato in me la voglia di raccontare quel paesaggio… ma non da un punto di vista orizzontale.
Volevo farlo sdraiare, liberarlo dalla verticalità della prospettiva e fonderlo con il mio sguardo interiore.
Da lì è nato “Paesaggio sdraiato”.
Ho iniziato da uno studio ad acquerello, cercando di catturare la materia e la vibrazione visiva delle rocce. Ma quello era solo un passaggio. Sentivo che dovevo costruire l’opera con le mani, non solo dipingerla.
Così ho realizzato un telaio interamente da me, sagomato a mano con cartone, listelli e colla, seguendo l’andamento naturale delle fratture e dei livelli sedimentari.
Ho teso la tela su quella struttura irregolare e viva, e solo dopo ho cominciato a stratificare: carte, pigmenti, terre, materiali grezzi e colori in pasta. Ho dipinto con gesti lenti, quasi da scalatore, assecondando le pieghe e le ombre del supporto. La materia ha preso il sopravvento, e con lei, l’anima del paesaggio.
In questo lavoro c’è il ricordo di una terra antica, ma anche il bisogno di trovare un ritmo interiore. Il mio gesto segue il tracciato della roccia, ma è anche un movimento emotivo, un dialogo tra natura esterna e paesaggio interiore.
“Paesaggio sdraiato” non rappresenta un luogo, ma una sensazione di profondità, tempo e silenzio.
E come ogni paesaggio dell’anima, non si guarda: si ascolta.

Aggiunto il 8 apr 2025

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