73x55 cm ~ Pittura, Olio
Capo Verde mi ha insegnato che anche la terra ha una voce. Che le rocce parlano, ma non in modo diretto. Sussurrano, si piegano nel tempo, si fratturano in silenzi che diventano linguaggio. Ho vissuto immerso in quei paesaggi per cinque anni, e più che guardarli, ho imparato ad ascoltarli.
"Paesaggio scomposto" nasce proprio da questo ascolto. È il risultato di un lento processo: dalla fotografia iniziale — un dettaglio geologico che sembrava quasi una fenditura nella memoria — fino agli studi preparatori, acquerelli in cui provavo a trovare un ritmo, una struttura emotiva. E poi la tela, dove tutto è andato in frantumi per poi ricomporsi.
In questa opera ho sentito il bisogno di rompere la superficie, letteralmente. Lacerarla. Lasciare che il vuoto al centro non fosse una mancanza, ma uno spazio vivo. Un’apertura, forse una ferita, forse una soglia. Ho lavorato con strati, collage, carta, colore e vuoto. Con equilibrio e contrasto. Ho lasciato che la materia si prendesse il suo tempo per parlarmi.
Le forme sembrano crollare, ma anche resistere. I toni chiari cercano di risalire, mentre il nero e il rosso trattengono, scavano, fanno memoria. È un paesaggio interiore, ma non lineare. È scomposto, appunto. Eppure, in questo disordine, sento un ordine segreto, come se tutto si fosse rotto solo per mostrarmi un’altra verità.
"Paesaggio scomposto" è il mio modo di dire che anche la frattura può essere bellezza. Che nei paesaggi dell’anima non tutto deve tornare esatto. A volte è proprio lì, in ciò che non si ricompone del tutto, che si ritrova qualcosa di autentico.
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